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Tra aumento di capitale e licenziamenti, la difficile situazione di Unicredit

Il 2016 in Italia è stato per molti aspetti sociali, politici ed economici un periodo di crisi, e in ogni caso di enormi cambiamenti. In particolare lo è stato per le antiche quanto problematiche banche del Belpaese, che secondo le analisi della Banca centrale europea si sono rivelate tra le meno solide del Continente, come confermato da molti siti tra cui il neonato e pratico https://migliori-investimenti.com/. Nello specifico vorremmo parlare oggi di Unicredit, il gruppo bancario meneghino guidato dallo scorso giugno da Jean Pierre Mustier, sotto la cui leadership la banca ha deciso di operare un esteso aumento di capitali, che avrà luogo proprio oggi lunedì 6 febbraio 2017.

Si tratta di un aumento di ben 13 miliardi di euro, una cifra enorme anche per l’istituto di credito milanese che possiede al momento un capitale di 16,5 miliardi. L’aumento andrebbe quindi praticamente a raddoppiare il valore di Unicredit, uno scenario atipico e imprevedibile che rischia di portare con sé il contraccolpo di una eccessiva diluizione. Nello specifico Unicredit offrirà le proprie azioni a un prezzo scontato del 38% rispetto al Terp, il prezzo teorico ex diritto, ovvero quello di riferimento. Le azioni verranno quindi vendute a 8,09 euro ognuna fino al 17 febbraio, un’offerta valida anche per tutti i piccoli azionisti che dovranno quindi ora decidere se credere o meno nell’ambizioso progetto di Mustier e soci. Nel primo caso eserciteranno i diritti di opzione e dovranno quindi fondamentalmente raddoppiare il proprio investimento per evitare la diluizione. Nel secondo al contrario gli azionisti venderanno le proprie azioni, dimostrando così la propria sfiducia nei confronti dell’operazione. Esiste poi in realtà una terza faccia della medaglia, dove volendo è possibile partecipare parzialmente all’aumento: in pratica occorre vendere parte dei diritti usando l’incasso per acquistare nuove azioni, ovviamente esercitando i diritti ancora presenti nel portafoglio.

Una manovra quindi complessa e dettata da necessità piuttosto che da una libera e vantaggiosa opportunità, fatto questo che ha giustamente fatto sorgere molti dubbi tra gli stessi investitori e analisti: infatti solo nelle ultime settimane Unicredit ha licenziato oltre il 10% del personale, mettendo in vendita oltre 900 filiali in tutta Italia che difficilmente verranno smaltite in fretta. Questi e altri fattori hanno incupito la percezione degli azionisti e del mercato, che rischiano ora di riservare inaspettate sorprese alla banca milanese. Dal canto suo Unicredit ha presentato un piano triennale che prevede appunto inevitabili uscite ma non solo: secondo l’istituto per i circa 3.900 lavoratori usciti volontariamente (con incentivi fino al 2024) ne entreranno infatti circa 2.000. Inoltre pare siano state garantite per i lavoratori condizioni migliori e più eque, ma si tratta perlappunto più che altro di piccoli numeri per nascondere una grande realtà: la banca si trova in un momento di estrema difficoltà, tanto è vero che pur di uscire dall’angolo ha proposto un aumento di capitale in grado di raddoppiare il valore dell’istituto. Sicuramente i prossimi giorni saranno infuocati e importantissimi per il management di piazza Gae Aulenti, ed esiste indubbiamente la possibilità che l’aumento si risolva secondo i migliori auspici di Unicredit. Tuttavia non sembrano molti i piccoli azionisti decisi a credere in un progetto che già in passato (del 2012 l’ultima ricapitalizzazione) non ha portato agli esiti sperati.

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